Renzo Scopa è nato a Urbino nel 1933, dove ha frequentato l’Istituto di Belle Arti, sotto la guida di Leonardo Castellani e Francesco Carnevali, diplomandosi nel 1953 con la qualifica di Maestro d’arte e Ornatore del libro e conseguendo nel 1954, sempre presso lo stesso Istituto urbinate, il Diploma di abilitazione all’insegnamento professionale della calcografia.
La commissione esaminatrice dell’Istituto Statale di Belle arti di Urbino in occasione dell’abilitazione all’insegnamento della calcografia annotava il seguente giudizio: “Renzo Scopa rivela un temperamento istintivo ed estroso di disegnatore e di incisore che si concreta in espressioni tecniche e stilistiche personali. Si impegna a fondo nei problemi che affronta dimostrando un interesse culturale notevole e una riflessione che va maturando. Presenta una ricca cartella di disegni, una di incisioni, alcuni disegni prospettici, e due progetti di volumi illustrati di opere anonime medievali, uno dei quali completo in ogni sua parte che la Commissione giudica pubblicabile”.
Nel 1957 viene pubblicato dall’Istituto Statale d’Arte di Urbino il libro “Contrasto del povero e del ricco”, illustrato da cinque sue incisioni all’acquaforte. L’incisione caratterizzerà prevalentemente la sua produzione artistica fino all’inizio degli anni Sessanta.
Nel 1958 si trasferisce a Città di Castello, dove insegna Tecnologia grafica e Disegno grafico presso l’Istituto Professionale di Stato per l’Industria e l’Artigianato, Disegno professionale e Tecnologia presso il Centro di Addestramento Professionale “O.G. Bufalini”, istituito dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, Educazione artistica presso varie scuole medie statali del territorio.
Negli anni Sessanta realizza anche i due testi, “Nozioni per apprendisti cartotecnici” e “Storia e stile delle arti grafiche” ad uso degli studenti degli Istituti professionali dove in quegli anni è docente. Nel 1960 riceve a Perugia la Medaglia d’oro per l’incisione alla Mostra d’arte sacra regionale della Pro Civitate Cristiana di Assisi.
A partire dall’inizio degli anni Sessanta si dedica sempre più alla pittura, attraverso l’elaborazione di un percorso di ricerca personale e di sperimentazione tecnica che procede per vari cicli tematici. Percorso, caratterizzato da una ricca produzione di dipinti e disegni, che continuerà in modo solitario e rigoroso per tutta la vita.
Dopo una proficua esperienza incisoria, in cui affiorano nella superficie del foglio schegge di paesaggi sparsi, testimonianze antropomorfe oblique, impronte reticenti che ci consegnano soltanto lo schema fondamentale della visione, la pittura di Scopa – a partire da Frammenti di rocce e Itinerari organici del 1963 – si caratterizza per il vigore espressivo: il pennello spazza lo spazio, lasciando strascichi e schizzi di colore. In questo modo nelle tecniche miste Sigma e Telaio di Andromeda del 1965-66 sembra di assistere ad un work in progress, poiché le tracce potenti della creazione e della distruzione della forma restano sempre visibili, persino quando l’opera è compiuta.
Del resto, con la suite Deserto umano dello stesso periodo l’artista, fedele alla sua natura schiva e riluttante a concedersi, si raccoglie sempre più nell’isolamento dello studio, erigendo uno spesso muro di orgoglio e di diffidenza a presidio della sua solitudine. Sul finire del decennio gli ultimi residui nella sintassi informale cedono il passo – nel ciclo Astrazione di folla – all’introduzione di una scrittura pittorica vibrante, fatta di gesti rapidi, di filamenti iconici in cui le figure e le cose rappresentate si scorporano e svaporano in una sostanza immateriale, che in Volti e Figure del 1978 appare come l’eco e il riflesso di certe immagini fuggitive e volanti.
In seguito, prima ancora con Idoli del 1973 e Maschere funebri del 1976-77 si manifesta un primitivismo surreale nello scambio tra realtà e sogno, e morbidi sfregi di fluido colore, che rinviano alle esperienze della poetica visionaria che corrono dal preromanticismo alle avanguardie storiche. Come documentano le opere del Nuovo arcaismo del 1983-84 le fonti della ricerca di Scopa si trovano anche nelle mitologie antiche – Oriente, Egitto, America precolombiana – o nell’arte popolare; la sua opera, spesso carica di simbolismo, riporta nei termini dei processi di visualizzazione la pressione misteriosa del mondo psichico.
Nell’ultima stagione, che copre un arco di tempo che va dal 1989 al 1997, lo sgocciolamento del colore pone l’accento sull’atto gestuale del dipingere, sul mezzo d’espressione che cerca di eliminare qualsiasi suggestione fenomenica per evidenziare sul cartoncino e sulla tavola le realtà essenziali del colore e i movimenti complessi o decisivi del dramma creativo. Un tema ricorrente, nella diversità delle singole conposizioni, sembra essere quello della Crocefissione: metafora universale del dolore dell’uomo che la violenza dei nostri tempi – da Auschwitz a Hiroshima – ha reso più vicino ed attuale.
Renzo Scopa muore a Città di Castello nel 1997.