di Pietro Scarpellini, storico dell’arte.
L’artista che ha dipinto il bellissimo “Gonfalone della Madonna delle Grazie”, Bartolomeo Caporali, era figlio di Segnolo di Giovanni, uomo d’arme soprannominato il Caporale, originario di Massa Lombarda, nacque a Perugia verso il 1420. Risulta iscritto nell’arte dei pittori nel 1442 (Gnoli).
Numerosi sono i documenti relativi alla sua vita pubblica e alla sua attività artistica (Rossi; Bombe, in Thieme-Becker; Gnoli), così come numerosi sono i dipinti documentati e attribuiti, tuttavia non è facile ricostruirne le origini. Fu il capostipite di una famiglia di artisti: suo fratello Giapeco fu miniatore; artisti furono i figli, Giovan Battista e Giovanni Paolo, e il nipote Giulio.
Secondo alcuni, una delle sue prime opere potrebbe essere la Madonna col Bimbo degli Uffizi (n. 3250), ove sono evidenti i richiami al Beato Angelico; ma il quadretto mostra anche fortissime affinità con lo stile di Benedetto Bonfigli, e si resta incerti nell’attribuzione. Gli stessi dubbi si provano dinanzi ad un’altra pittura assai vicina nello stile, la Adorazione dei Magi con il Crocefisso della National Gallery di Londra (n. 1843), data dallo Gnoli e dal Davies al Bonfigli, mentre il Berenson e lo Zeri l’attribuiscono al Caporali Anche per la Madonna tra angeli, della Galleria nazionale dell’Umbria a Perugia (n. 125), ispirata pur essa all’Angelico, i pareri non sono concordi: per esempio, il van Marle l’assegna a Benozzo Gozzoli, e il Salmi ad un seguace dello stesso.
Appunto al Gozzoli, che era a Montefalco nel 1450 e a Perugia nel 1455, si richiama una delle prime opere sicure del C., il bel Crocefisso sagomato della parrocchiale dell’Isola Maggiore sul Trasimeno, il quale si riallaccia a una tradizione iconografica assai viva nell’Umbria trecentesca, mentre gli affreschi ivi esistenti sembrano piuttosto doversi a un seguace. Vicini nel tempo sono la minuscola Madonna del Museo di Berlino-Dahlem, i due scomparti di predella nel Museo dell’Ermitage a Leningrado, assegnatigli dallo Zeri, ed il S. Girolamo della Galleria di Capodimonte a Napoli. È certamente autografa anche la graziosa Madonna tra santi ed angeli musicanti, affrescata in una edicola a Fanciullata (pressi di Deruta), datata 1459, fortemente gozzolesca.
Un’altra opera del C. in questa fase stilistica è la tavoletta del Museo diZagabria, datata 1464 o 1465, con la Madonna ed il Bimbo tra santi. Tra il 1467 ed 1465 dipinse, insieme con il Bonfigli, ma in subordine a lui, un polittico (Madonna con Bambino,quattro santi, Annunciazione e angeli) per la chiesa di S. Domenico di Perugia, ora nella Galleria nazionale dell’Umbria: spettano al C. l’esecuzione delle due coppie di Santi laterali e probabilmente anche i due pannelli con l’Annunciazione in alto. Nell’anno 1469 l’artista eseguì il grande affresco per le monache di S. Giuliana, ora distaccato e anch’esso collocato nella Galleria nazionale dell’Umbria. Qui la maniera del C. si fa, nella tecnica dell’affresco, più larga, e il suo colorito più chiaro e tenero: non mancano però relazioni iconografiche con la tradizione della miniatura perugina trecentesca.
Secondo alcuni critici il mutamento del suo stile, conseguente all’incontro con le nuove tendenze, non solo fiorentine, ma anche urbinati e patavine, e il primo confronto con i giovanissimi umbri della nuova generazione, quali il Perugino e il Pinturicchio (indicato insistentemente quale suo discepolo), si sarebbe avuto poco dopo il 1470. A tale interpretazione si connette uno dei problemi più delicati e difficili da risolvere nella storia dell’arte umbra, cioè quello delle famose tavolette con i Miracoli di S. Bernardino, una volta presumibilmente disposte attorno ad una nicchia ove era conservato il Gonfalone del Bonfigli, nell’oratorio di S. Bernardino a Perugia, e oggi nella Galleria nazionale della stessa città. In questo complesso il nome del C. è stato fatto abbastanza spesso per i pannelli della parasta di destra (Venturi; Berenson; Gamba; Zeri), anche se riferito variamente ora a questa ed ora a quella scena. Tuttavia l’attribuzione sembra basarsi più sul fatto che in quei dipinti appare implicita una pratica minaturistica, che non su precisi riferimenti stilistici alle opere certe: e del C. si conosce appunto l’attività di miniatore in collaborazione anche con il fratello Giapeco (si ricordano, fra altre miniature, la Crocefissione del messale del convento francescano di Montone, 1469, già nella collez. Olschki, oggi Gerli di Villagaeta a Milano [Salmi], ed il messale n. 10 della Bibl. capitolare del duomo di Perugia [Caleca]; mentre al solo C. è stata attribuita dubitativamente una iniziale I nel f. 1 del volume 115 delle Riformanze nell’Archivio di Stato a Perugia [Gualdi]). Ancora più problematico è l’accostamento che il Longhi fece al C. delle due “tavole Barberini” (Natività del Metropolitan Museum di New York, e Presentazione al tempio del Museo di Boston), opere certamente connesse con l’ambiente urbinate ed eseguite verso il 1475.
In realtà tutte le opere sicure eseguite nell’ottavo decennio del secolo non autorizzano affatto tale estensione del catalogo del pittore. Gli Angeli con strumenti della Passione della Galleria perugina (nn. 1601-63), che facevano probabilmente parte della Pietà allogatagli per il duomo di Perugia nel 1477, sono ancora bonfiglieschi. Anche un’altra opera databile intorno al 1480, la decorazione di una cappella nella chiesa di S. Antonio a Deruta, ove l’artista, insieme con collaboratori, dipinse i Quattro Evangelisti nella volta, una Madonna della Misericordia ed i SS. Francesco e Bernardino, fa capo alla solita cultura bonfigliesca, con qualche rapporto anche con Niccolò di Liberatore detto l’Alunno.
Il Gonfalone.
L’adesione del C. ai nuovi modi è evidente solo a partire dal Gonfalone di S. Francesco di Montone (che una antica tradizione critica attribuiva a Fiorenzo di Lorenzo), opera del 1482. Qui l’oramai vecchio C. mostra di aver sentito anche la lezione dei giovani, soprattutto del festoso, fiorito Pinturicchio. Egli riesce tuttavia ad inserire perfettamente queste novità nel suo impianto strutturale alquanto lineare e simmetrico, notevolmente arcaizzante, e ne ricava un effetto tra i più nitidi e freschi di tutta la sua produzione. Del 1484 è la graziosa Madonna della Galleria di Capodimonte a Napoli, in cui appaiono particolarmente forti i richiami a Fiorenzo di Lorenzo. Databile intorno al 1486 è la miniatura per il rione perugino di Porta S. Angelo (Galleria dell’Accademia di Belle Arti di Vienna), attribuita all’artista dallo Gnoli (1921). In questa opera si riconosce, ma assai semplificata, l’ispirazione architettonica delle tavolette bernardiane mentre nelle figure, e soprattutto nel paesaggio, è oramai evidente l’influenza del Pinturicchio, cui è stata anche attribuita. Dallo stesso Pinturicchio e dal Perugino il C. trae ispirazione per altri lavori di quegli anni, la Pietà oggi nel Museo del duomo di Perugia, l’affresco con la Madonna ed il Bimbo e santi nella chiesa di S. Maria in Arce (La Rocchicciola) nei pressi di Assisi, documentato e datato 1487, ma solo parzialmente autografo. Viene datato allo stesso anno un affresco nell’ex convento di S. Giorgio alla Costa di Firenze, con la Vergine e Gesù Cristo che invocano la protezione divina sopra il popolo, dal Salmi attribuito a Bartolomeo. Recentemente F. Zeri, nel suo catalogo dei dipinti italiani del Metropolitan Museum di New York (Italian Paintings,Florentine School, Bradford and London 1971, p. 58 n. 2), lo ritiene di un seguace di Domenico Ghirlandaio. Sempre del 1487 è la Pala dei Cacciatori, sino al secolo scorso conservata a Castiglione del Lago, ora frammentaria: la Maddalenae un Angelo nella Galleria perugina, S.Antonio abate e un Angelo nella Pinacoteca comunale di Udine, S. Sebastiano a Mentana nella coll. Zeri; sono andati dispersi la Madonna,S. Rocco e due Angeli (E. E. Gardner, I disegni di G. B. Cavalcaselle e la pala di B. C. a Castiglione del Lago, in Quaderni di Emblema, II, Bergamo 1973, pp. 47 s., figg. 45 s.).
Al 1488 appartiene l’affresco della chiesa di Montelabbate nei pressi di Perugia con la Vergine,i santi protettori ed il popolo, che nella composizione ripete la miniatura di Vienna. Poi vengono un affresco firmato e datato con S. Antonio da Padova ed altri santi in S. Francesco a Montone (1491) e infine il gonfalone di Civitella d’Arna (Perugia), con la Madonna e santi (1492). Sono forse più tardi gli affreschi di una cappella nella chiesa del Borgo a Corciano, opera in gran parte di bottega (Gnoli). Secondo il Marchini, apparterrebbero a quest’ultimo periodo dell’artista i cartoni per le vetrate, oggi nel magazzino della basilica di S. Francesco ad Assisi, provenienti dal duomo di Foligno. Non ci sono altre notizie sull’opera del C. negli ultimi anni della sua vita. Il C. morì a Perugia tra il 1503 e l’ottobre 1505, data in cui i figli risultano orfani (Nuovi documenti…, in Arch. stor. dell’arte, III [1890], p. 466).
Se si considera sulla scorta delle opere certe, la figura del C. è chiara, non presenta problemi. Un pittore aggraziato, pronto a sfruttare le novità rinascimentali, senza tuttavia mai smentire il suo fondo di gustoso, garbato agiografo, secondo una tradizione tipicamente umbra, anzi più propriamente perugina, ove è sempre evidente la radice popolare. In tal senso è da considerare molto importante per la sua formazione la notevolissima tradizione miniatoria, locale, che ha caratteri assai ben definiti già nel primo Trecento e continua a svilupparsi secondo una sua linea molto precisa lungo tutto il XV sec., accogliendo sì le più varie sollecitazioni stilistiche da Firenze, da Siena, da Urbino, da Padova e da altri centri della nuova pittura, ma senza mai rinunciare a certi suoi tratti distintivi.
Così il C., già attivo, secondo lo Gnoli, nel 1442, può via via guardare all’Angelico, al Gozzoli e più tardi ai più giovani maestri umbri e fiorentini, senza mai perdere il filo di quel discorso vivacemente bonario, spiritoso talvolta, ma sempre in un tono un po’ paesano ed in un clima fondamentalmente artigianesco. In tale temperie distesa, descrittiva e decorativa, si svolge tutta la sua attività pittorica e miniatoria praticamente senza scosse. Suoi punti di riferimento costanti furono dapprima Benedetto Bonfigli, che è personalità ben altrimenti ricca poeticamente, e poi, sul finire della carriera, Fiorenzo di Lorenzo e il Pinturicchio. Estranea al C. è tuttavia la più complessa articolazione figurativa delle tavolette di S. Bernardino.
In sostanza, l’importanza della personalità del C. è stata esagerata tanto da coloro i quali, come lo Gnoli, lo ritennero il “Nestore dei pittori perugini” del Quattrocento, cioè gli assegnarono un ruolo fondamentale nello sviluppo della pittura a Perugia, quanto da quelli che, come il Longhi, gli attribuirono opere squisite e sofisticate, sul tipo appunto delle “tavole Barberini”.
Giovanni Paolo, figlio del C., nacque a Perugia in un anno imprecisato ma verosimilmente anteriore al 1472. Venne ammesso nella matricola degli orefici di Porta S. Susanna il 3 genn. 1492; il 28 genn. 1510 figura in un contratto dell’orefice fiorentino Rodolfo Compagni, che si impegnava ad eseguire una Croce figurata di argento dorato per il duomo di Perugia. Nel 1516 viene disposto un pagamento per due calici di rame argentato eseguiti per il convento di S. Pietro. Nel 1522 si ha pure notizia di altri due calici per gli stessi committenti da destinare alla chiesa di S. Biagio, dipendente da quel monastero. Perdute o non identificate queste sue opere, non si conoscono altri suoi lavori. Morì a Perugia il 15 luglio 1533.