Questa chiesa è con questo stile e queste dimensioni dalla seconda metà del 1600.
Costituisce l’ampliamento di una chiesa del 1300 più bassa, senza l’attuale abside e le Cappelle laterali. E’ stata chiamata “Chiesa di Santa Maria assunta (in cielo) fino a quando, per comodità della popolazione è succeduta come chiesa parrocchiale all’antichissima “Pieve” (fuori le mura la quale le ha passato i suoi Titolari, il privilegio di avere una Cattedra Vescovile e un collegio di Canonici. Da allora si chiamerà “Chiesa di San Gregorio” oppure “Collegiata”. La chiesa così come è oggi si deve alla munificienza del P. Giovanni Pazzaglia dei Padri Filippini. Era di origini Montonesi e con la disponibilità di una ricca eredità.
Lungo la navata in alto, tra lo straordinario soffitto a cassettoni lignei e la cornice, è rappresentata la vita della Madonna in mezzo a figure di Santi. In senso antiorario a sinistra di chi entra: la nascita; la sua presentazione al tempio; l’Annunciazione; l’incontro con Elisabetta e Lei incinta (raramente così rappresentata). Si attribuiscono all’accademia Fiorentina dell’affresco absidale.
1) La Bussola è opera di falegnami locali dell’inizio del 1900. Del medesimo stile i confessionali, le credenze e le porte della sacrestia.
2) È l’altare dove risiedeva il fonte battesimale. Lo indicano le architetture lignee sovrastanti.
3) La tela sull’altare rappresenta in basso le anime del Purgatorio che vengono sallvate dai Santi che intercedono presso la SS. Trinità. Le colonne e la cornice dell’altare sono lignee.
4) Questa è chiamata “Cappella delle suore” per l’attiguo convento delle clarisse. Sono loro che custodiscono la Sacra Spina.
La Sacra Spina
Fu donata alla popolazione di Montone da Carlo, figlio di Braccio Fortebracci. A sua volta l’aveva avuta in dono dai Veneziani che intendevano dimostrargli riconoscenza per averli aiutati a sconfiggere i Turchi invasori. Autentica? Non è dimostrabile. Pare però che lo sia: perché è vero che i veneziani hanno avuto accesso a Costantinopoli alle reliquie della Passione e perchè non è pensabile che abbiamo dato un falso al Conte Carlo verso il quale avevano una riconoscenza vera. È esposta al pubblico solo il lunedì di Pasqua e la penultima domenica di agosto di ogni anno.
L’altare in legno dorato porta in alto lo stemma della famiglia Pazzaglia molto munifica, nel 1700, per l’ampliamento e l’abbellimento di questa chiesa.
Gli affreschi: l’ultima cena; sulla volta i simboli degli Evangelisti.
5) La tela dietro l’altare. Rappresenta la Madonna tra San Giovanni Battista, primo titolare della Pieve e della municipalità, e San Gregorio Magno, successivo e definitivo protettore della Parrocchia. Il Trono Ligneo (ora ridotto e reso meno solenne) è la cattedra vescovile. Ricorda che quando Montone fu sede del vescovo di Città di Castello nel 1306 per circa 3 anni.
Il Coro è in noce e ricorda che questa chiesa ha avuto un collegio di canonici: per questo è chiamata “Collegiata”.
L’affresco della volta. E’ opera di Giovanni Parenti, caposcuola dell’accademia Fiorentina. È della prima metà del 1700. Rappresenta gli apostoli in attesa della discesa dello Spirito Santo, dentro un locale che non ha soffitto e che si apre direttamente sul cielo, non solo pittoricamente ma realisticamente, da una finestra realmente aperta alla luce esterna, in mezzo a nuvole in gesso argentato: “si aprirono i cieli”. L’affresco ha subìto diversi restauri: nel 1817, nei primi del 1900; l’ultimo consolidamento e restauro è nel 2004.
6) La tela sull’altare rappresenta la Madonna del Rosario. I piccoli quadri che l’attorniano rappresentano i quindici misteri del Rosario. Dal 1576 esisteva qui a Montone una “Confraternita del Rosario” che dopo la sistemazione di questa cappella ebbe sede qui. Gli stucchi dell’altare datano 1743. L’Ultima cena, sopra la porta della sagrestia è una tela del fiammingo Calvaert.
“L’Ultima Cena” di Denis (Dionisus) Calvart o Calvaert (Anversa 1540 – Bologna 1619) pittore fiammingo. Maestro a Bologna dei pittori F. Albani, Guido Reni e Domenichino. Sullo sgabello a sinistra della tela la data: 1611.
Era nella chiesa di S. Croce proprietà della “Confraternita del SS. Sacramento” operante già nel 1500. Forse dipinta a Bologna e portata qui a Montone dai Vitelli, Signori per qualche tempo di Montone. I Vitelli avevano buone relazioni e reciproci servizi con i Signori di Bologna. Incollato dietro la tela c’è un foglio che ricorda due restauri: uno del 1631 e uno del 1825. Abbiamo due disegni del Calvart che sono molto vicino all’impianto generale di questa Ultima Cena. Il primo del 1600 si trova all’Art Gallery di Sacramento (USA). L’altro datato 1611 si trova alla Collezione Albertina di Vienna.
7) Il piccolo quadro in alto che sovrasta l’altare è una Madonna su tavola di scuola senese del 1200-1300.
La statua lignea: S. Rocco.
Il culto di questo Santo si è diffuso molto nel 1400-1500 in coincidenza della peste e di altre epidemie. Le vicende biografiche del Santo ripetono la situazione degli appestati. Il fedele cane rappresenta l’unico amico, essendo gli appestati allontanati dalla società. Il bastone e l’abbigliamento del “pellegrino” ricordano il pellegrinare di Rocco, ma alludono anche al fatto che proprio i pellegrini riportavano la peste. La ferita sulla gamba ricorda che lui stesso contrasse la peste. Questa statua lignea se è attribuibile allo scultore Romano Alberti (1502-1568) di Sansepolcro, detto “il nero”, è più accurata delle altre sue creazioni.
La teca in legno dorato sull’altare, a quanto sta scritto sul frontale, contiene le ossa ed il sangue di S. Gettulio la cui festa – dice – si celebra il 10 giugno.
8 ) La tela sopra l’altare rappresenta S.Albertino da Montone. Il cinto erniale che ha in mano, come la scritta che ha sotto, alludono al fatto che è invocato per tutte le forme di malattie epatiche.
Sant’Albertino da Montone
Nato a Montone forse intorno al 1220, diventò priore della famosa e potente Abbazia di Fonte Avellana nelle Marche in provincia di Ancona. Due secoli prima ne era stato priore S. Pier Damiani. Dante Alighieri ci passò negli anni in cui ci visse Albertino, e ne parla nel canto XXI del “Paradiso”.
Ai tempi del priore Albertino direttamente, o indirettamente attraverso altri monasteri che da essa dipendevano possedeva beni, dirigeva attività, da Ancona a Bologna, da Gualdo e Gubbio a Città di Castello e San Sepolcro.
In tempi di decadenza del Sacro Romano Impero, dominavano l’anarchia e le prepotenze dei più forti e dei più ambiziosi . Ovunque odio e guerra: tra istituzioni; negli stati sociali; tra i “signori”. Albertino fu ricercato come pacificatore efficace. Morì il 13 aprile 1294. troviamo documenti che dicono che già nel 1390 era pacificamente considerato come santo. La congregazione dei riti ratificò la sua santità nel 1782 assegnando la celebrazione della sua festa il 3 settembre. È stato venerato nei secoli come protettore contro le malattie epatiche e in particolare contro le ernie inguinali e ombelicali.