L'Umbria dei mulini ad acqua

Finalmente arriva una pubblicazione che va a collocarsi in uno spazio preciso e decisivo per riuscire a capire e decifrare la storia economica della nostra regione, si tratta …

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Finalmente arriva una pubblicazione che va a collocarsi in uno spazio preciso e decisivo per riuscire a capire e decifrare la storia economica della nostra regione, si tratta del titolo:

L’Umbria dei mulini ad acqua

03-W

a cura di Alberto Melelli e Fabio Fatichenti

(Ed. Quattroemme, Perugia, 2013).

Questo testo prosegue la sequenza di monografie iniziata con “Architettura e paesaggio rurale in Umbria. Tradizione e contemporaneità” del 2010, grazie al convinto sostegno  dell’amministrazione regionale umbra. Gli stessi curatori spiegano come fosse quasi una scelta obbligata, quella di affrontare il tema dei mulini idraulici perché rappresentano “ … uno dei principali elementi strutturali e storici del paesaggio rurale della nostra regione (…) per l’importanza comprensibilmente assunta da tali manufatti nel contesto storico, sociale e paesaggistico di una regione ricca di acque”. Gli autori parlano così proprio di un “microcosmo dei mulini e della molitura” essendo queste strutture spesso centri di relazioni oltre che economiche anche sociali a loro volta moltiplicatori di altre forme di aggregazione e vita associata e della importanza di tutto ciò se pensiamo che alla fine del secolo XIX si contavano poco meno di 900 mulini idraulici. Melelli e Fatichenti (ambedue impegnati all’interno della facoltà di Geografia, seppure in ruoli differenti,  dell’Università di Perugia) tra le prime pagine ci spiegano come: “ Le acque abbiano infatti sempre condizionato marcatamente la vita economica e culturale dell’uomo. Il loro sfruttamento è stato determinante soprattutto a partire dai tempi della società preindustriale, dominata dai lenti ritmi di una fase agricola in cui l’utilizzo e il controllo delle risorse idriche erano assolutamente necessari: basti pensare alle problematiche connesse alla possibilità o meno di irrigare, di sottrarre terre e zone acquitrinose, di ricorrere alla forza dell’acqua per produrre energia per i mulini, per le gualchierie, per la  fabbricazione della carta, ecc.; con riferimento poi, in tempi più recenti, alla nascita della grande industria, si considererà quanto la prima fase della sua affermazione sia stata direttamente connessa alla presenza delle acque correnti e alle opportunità di utilizzarle.” Questa interpretazione viene ancora approfondita nella sezione in cui si tratta dell’avvento, della diffusione e declino del mulino ad acqua; prestando particolare attenzione anche alla figura del mugnaio e alla struttura tecnica, al funzionamento e alle fasi di produzione del mulino stesso. Nella seconda parte il libro riporta il risultato di una attenta ricerca sui mulini in Umbria, organizzando questa materia in “ambiti”, più precisamente: in alta Valle del Tevere, zona Eugubino-Gualdese, zona Perugino-Trasimeno, Valle umbra, media Valle del Tevere, Valnerina, Conca Ternana, Bassa Valle del Tevere, zona Orvietana, perché consistenza numerica, distribuzione territoriale e localizzazione degli opifici idraulici sono aspetti strettamente connessi alla specificità della rete idrografica, che per la gran parte è all’interno del bacino idrografico del Tevere che usufruisce di una ricca rete di corsi d’acqua. Così si propone una interessantissima serie di schede (Giovanni Cangi, Rosa Goracci, Remo Rossi oltre che degli stessi Alberto Melelli e Fabio Fatichenti) che illustrano la realtà di mulini ancora oggi visitabili, in pochissimi casi ancora funzionanti, ed in molti altri casi soltanto ruderi. In tutto questo è di grande valore ed aiuto alla comprensione del tema trattato, l’apparato fotografico realizzato da . In allegato, in una tasca interna, è possibile visionare un bell’opuscolo intitolato “Andar per mulini”, uno strumento che nasce dall’esigenza di far seguire alla ricerca storica, dunque alle schede concernenti le singole strutture molitorie, anche quanto possa consentire al visitatore di portarsi direttamente sia sui più significativi luoghi ed edifici descritti, sia su altre emergenze (paesaggistiche, ambientali, storico-artistico-culturali) attraverso percorsi aventi quale punto di riferimento proprio gli opifici idraulici.

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